Come si esprime l’ebraismo sui cambiamenti climatici?
di Giulia Santoro
Incendi, siccità, scioglimento dei ghiacciai: i cambiamenti climatici sono all’ordine del giorno nel dibattito pubblico. Come si esprime l’ebraismo in merito?
“E il Signore piantò un giardino in Eden e pose l’uomo in questo paradiso perché lo coltivasse e lo custodisse…” È con queste parole, più attuali che mai, che il Bereshit sintetizza il rapporto tra Uomo, Natura e Ambiente. Nella Torah, fin dall’inizio viene sottolineata l’importanza della cura del Creato ed il legame umano intrinseco con la natura. Adamo ed Eva non vengono forse posti nel Giardino dell’Eden per ‘lavorarlo e custodirlo’?
A noi spetta dunque il compito di coltivare il nostro pianeta e in generale di migliorarlo, ma anche proteggerlo e mantenerlo integro per le prossime generazioni: è infatti il primo precetto comandato da Dio alla prima coppia umana.
Nel libro di Devarim, viene introdotto un concetto fondamentale per l’ebraismo: il Baal Taschrit, ovvero il divieto di distruggere e rovinare l’ambiente, e di conseguenza l’obbligo di averne cura.
Questo principio è radicato nella legge biblica trasmessa nel Devarim: “Quando conduci un assedio contro una città per molti giorni … non puoi distruggere alcun albero di lei per tagliargli contro un’ascia.”
Strettamente correlato alla cura dell’ambiente, mi viene anche in mente l’anno sabbatico, che è il settimo anno del ciclo agricolo settennale ordinato dalla Torah per la Terra di Israele, e viene ancora osservato nell’ebraismo contemporaneo. L’uomo non doveva lavorare il settimo anno, che serviva dunque per far riposare i campi e non sfruttare troppo gli animali, così come il riposo del sabato per contemplare la bellezza del Creato e ricordarsi che la natura dà tutto ciò che serve per tutti.
Nel libro di Shemot viene esplicitato questo concetto: “Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie della campagna. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto.”
Per concludere, un ultimo concetto che voglio introdurvi è quello della Kasherut, dall’ebraico “adeguatezza” (ovvero l’idoneità di un cibo ad essere consumato secondo regole alimentari): è un pilastro dell’ebraismo, collegato ai principi di rispetto e considerazione. Anche il cibo è molto importante, e nell’ebraismo si possono mangiare solo determinati tipi di carne, che deve essere Kosher (ovvero l’animale deve essere ammazzato con una determinata tecnica e recandogli la minor sofferenza possibile); inoltre, la carne Kosher è senza sangue, e l’animale viene dunque dissanguato perché il sangue è considerato fonte di vita.
La necessità di un rapporto equilibrato ed etico con l’appetito è molto importante, ed esistono benedizioni che vengono pronunciate per ogni differente tipo di cibo che si mangia. Nel racconto della Creazione, l’essere umano è creato vegetariano (Gen 1:29), e il consumo di carne fu permesso solo più tardi, dopo il Diluvio, come concessione e sfogo per gli istinti umani.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.