13 Dicembre 20207min

Chanukkà: quest’anno le candele siamo noi

חנוכה

di David Di Segni 

 

Nel periodo dell’anno in cui la luce cede precocemente il passo al buio, ecco che una labile fiamma prende forma nelle case degli ebrei di tutto il mondo annunciando l’arrivo di Chanukkà, la festa delle luci. Come tutte le ricorrenze del calendario ebraico, anche questa si basa sul concetto fondamentale del ricordo: commemoriamo un miracolo storico, quello della vittoria dei pochi ebrei contro i numerosi e temuti greci, ed uno religioso legato ad una sola ampolla d’olio che, contro ogni previsione, durò per otto giorni prima di consumarsi. Proprio per questa durata eccezionale, le famiglie ebraiche si riuniscono per accendere delle candele in un’aria d’allegria arricchita da canti tipici e dolci dalle antiche ricette.

Ogni sera viene aggiunta una fiamma in più sulla Chanukkìa, un candelabro a nove braccia apposito per l’occasione, e con essa accresce la gioia ed il calore che la festività porta con sé. Ci si potrebbe chiedere: perché proprio le candele? Tralasciando un’ipotetica risposta religiosa che comprende la spiegazione della vicenda relativa all’ampolla d’olio, le candele, se osservate da vicino, non rappresentano altro che il percorso della vita dell’uomo. Poste l’una dopo l’altra, rappresentano i giorni di vita che si susseguono. Le luci, le nostre anime, sono delineate da uno fioco strato di oscurità, questo perché, la vita così come la morte, sono due facce della stessa medaglia. Non c’è morte senza vita ed è così vero il contrario, che la luce delle candele non è, infatti, mai stabile, ma lotta per sopperire a quella buia presenza che tende a spegnerla. Quel movimento siamo noi, che progettiamo, ideiamo, ed amiamo per mantenere alto quel fuoco vitale che muove il mondo. Sono le nostre emozioni e la nostra voglia di vita che ci fa ballare e che ci permette di non spegnerci, perché finché c’è desiderio di pensare e di creare, sarà difficile porre fine alla fiamma.

Tuttavia sarebbe utopistico parlare di luci che brillano in eterno, tutte le candele sono infatti destinate a spegnersi, ma l’essere umano nasce per ripetere, per ricordare, perché fatto di parole. Infatti, la candela che si spenge non cessa d’esistere subito, perché un esile fumo accompagna la sua fine: sono i ricordi, quei ricordi che l’uomo porta con sé per rammentarsi, quel giorno in cui si girerà a guardare tutte le candele che ha spento, l’arduo percorso che ha intrapreso per giungere fino a quel punto. Questo spiegherebbe anche del perché accendiamo le candeline il giorno del nostro compleanno! Insomma, le candele hanno più vita di quanto sembri. Ma nei giorni che tracciano il cammino della nostra vita, ci avviciniamo sempre di più alla fine del viaggio o ci allontaniamo sempre di più dall’inizio della vita?

Per quanto uguali possano sembrare queste due prospettive, la festa di Chanukkà ci aiuta proprio a distinguerle, perché ci insegna che ogni giorno che viviamo è una candela in più da aggiungere alla vita, non un giorno in meno per avvicinarsi alla morte; ci insegna che è un miracolo se ogni giorno abbiamo il privilegio di poterci mettere in gioco, di svegliarci, di avere l’opportunità di accendere la candela del giorno seguente rendendola più stabile di quella passata. È un miracolo se noi, come fiamme della vita, possiamo lottare e vincere contro le avversità di questo mondo che, come i greci rispetto gli ebrei, erano di gran lunga superiori. Al di là del significato storico e religioso che si attribuisce alla festa di Chanukkà, ho sempre creduto che ci sia tanto da imparare da semplici e piccole candeline poste in sequenza tra di loro. Non si tratta solo del miracolo che fece durare un’ampolla per otto giorni, bensì del concetto ideale che questa sia perdurata nel tempo nonostante ogni tipo di previsione avversa, così come gli ebrei non avrebbero dovuto vincere sui greci.

Queste giornate ci insegnano una cosa: essere unici, come l’ampolla che ha messo a tacere ogni previsione che gli remasse contro; essere resilienti, come il popolo d’Israele. Quante volte abbiamo sentito, soprattutto quest’anno, la parola “resilienza”? Bene, è giunto il momento di concretizzarla più che mai. Siate così forti da aggiungere ogni giorno una candela alla vita, senza curarvi di chi vi dice che non siete abbastanza forti, perché alla fine, quando avrete riempito la vostra chanukkià, saprete quanto lo siete sempre stati e quanto è lunga la scia che avete tracciato nella vostra vita. Nove candeline sono disposte spalla a spalla, una vicina all’altra, con solo quella centrale che prevale leggermente sulle altre e che le rappresenta. Se vi siete mai chiesti come raffigurare il popolo ebraico, vi suggerisco di osservare la chanukkia.

Quest’anno non potremo riunirci di fronte a quelle luci, ma possiamo guardare dentro di esse per vedere riflesse milioni di finestre che verranno illuminate dal nostro simbolo. Accendetele per ricordare i miracoli del passato, e per chiedere quelli del presente: che la cura giunga presto e che possa la serenità tornare nelle nostre vite. Queste parole le dedico a tutti coloro che stanno soffrendo, sperando che il bagliore della vita possa trovare uno spiraglio nel loro cuore, ed a tutti coloro che non sono più con noi. Hag Channukà Sameach a tutto il popolo d’Israele.

 


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