Intervista a Ori Itzchaki: “Autistico non è un insulto”
di David Zebuloni
Ori Itzchaki è un mondo da scoprire, una terra da esplorare. Prima ancora di trovare interessanti le sue risposte alle mie domande, ho trovato affascinante il suo modo di arrivare ad una risposta, partendo dalla domanda per poi intraprendere un lungo viaggio verso nuove mete. Ho trovato affascinante il suo modo di affrontare la realtà circostante. Per esempio, quando mi sono scusato per essere arrivato tardi al nostro incontro, giustificandomi con la solita scusa del parcheggio, Ori mi ha rassicurato dicendo che qualche giorno prima anche lui ha fatto tardi ad una visita dal medico e che in questo modo sente di aver pareggiato un conto lasciato in sospeso. Quando gli ho detto di scrivere per un pubblico di lettori italiani mi ha chiesto incredulo se so parlare la lingua italiana, se possiedo un passaporto italiano, se ho davvero abitato in Italia, se possiamo non svolgere l’intervista in italiano perché lui l’italiano non lo parla e non l’ha mai parlato. Quando mi sono presentato come David lui mi ha chiesto se può chiamarmi Dudi, e così ha fatto per tutta l’intervista. Quando gli ho chiesto quale sia il suo prossimo grande sogno da realizzare, Ori mi ha risposto che ha una mosca sulla gamba che non gli permette di concentrarsi e che per rispondere ad una domanda simile ci vuole una grande concentrazione. Ori è proprio un mondo da scoprire, un ragazzo sensibile e ambizioso di venticinque anni che non si vergogna di dire “Io sono autistico, l’autismo non è un insulto”. La sua storia comincia con un canale su YouTube che raccoglie le sue interviste a personaggi israeliani famosi quali attori, cantanti, calciatori e modelli. Alcuni dei quali, Ori racconta, hanno accettato volentieri di farsi intervistare da lui, altri invece hanno rifiutato categoricamente, bloccandolo su WhatsApp e su Instagram. La svolta avviene quando il giornalista e conduttore televisivo Guy Lerer scopre il talento di Ori e gli concede uno spazio nella sua trasmissione serale. Quando Guy chiede a Ori quale sia la sua intervista dei sogni, Ori risponde senza esitare che sogna di intervistare Gal Gadot. Per intenderci, da quando Gal Gadot è diventata Wonder Woman, non c’è giornalista israeliano che non sogni di intervistarla e, pertanto, non c’è giornalista israeliano che ci sia riuscito. Ori tuttavia non è un intervistatore qualsiasi. Quando Gal Gadot ha sentito del suo grande sogno, non ha esitato ad accettare. I due si sono incontrati a Tel Aviv e il filmato della loro intervista ha superato le tre milioni di visualizzazioni sui social. Da allora Ori è una vera e propria star: tutti lo cercano, tutti lo seguono, tutti vogliono farsi intervistare da lui. Quando gli ho chiesto cos’abbia provato durante l’intervista a Wonder Woman, la sua risposta è stata semplice: “mi sono sentito Superman”.
Ori, tra tutti i mestieri che esistono, perché hai scelto proprio di voler fare l’intervistatore?
Ho scelto questo mestiere perché mi piace incontrare nuove persone, sono un ragazzo molto curioso. Voglio sempre sentire nuove storie e condividerle poi con gli altri. Attraverso queste storie imparo moltissimo, ne traggo ispirazione e sento che grazie ad esse divento una persona migliore.
Sei passato in pochissimo tempo dall’anonimato alla celebrità. Cosa provi quando ti fermano per strada e ti chiedono un selfie?
Sorrido sempre a tutti e non rifiuto mai una fotografia a nessuno.
Ti rende felice ricevere questo calore dalle persone?
Sì, mi rende molto felice. Il segreto è saper restituire amore a chi te ne dona.
Cos’altro ti rende felice Ori?
Quando i miei genitori mi dicono che sono fieri di me mi rendono felice. E poi intervistare mi rende felice. E’ come ricevere una scarica elettrica. Le interviste sono il mio pane, il mio ossigeno.
Anche a me piace tanto intervistare, anche a me rende felice. Ma tu sei più sincero di me. Leggo su Facebook che condividi tutte le tue emozioni, tutti i tuoi stati d’animo senza filtri e senza maschere. La felicità, la tristezza, l’amore, la paura. Qual è la cosa che ti fa più paura?
Ho paura di non avere soldi in banca, di andare in rosso, di non essere indipendente.
E qual è la cosa invece che ti rende più triste?
Probabilmente se scoprissi di essere in rosso sarei molto triste. Forse mi metterei persino a piangere. Mi rattrista anche quando le ragazze mi spezzano il cuore.
Quando ti è successo?
Succede spesso. Una volta mi ero innamorato di una ragazza, ma lei mi ha detto di non condividere i miei sentimenti. Ho pianto.
Fa bene piangere, è liberatorio. Piangi spesso?
Ultimamente piango spesso, non so più tenere le emozioni dentro.
Prima hai detto di essere una persona molto curiosa. Cosa ti incuriosisce maggiormente durante un’intervista, quando sei seduto di fronte all’intervistato?
Mi interessa sapere cosa pensano gli intervistati degli autistici. Vorrei che ne sapessero di più. Quando intervisto i personaggi famosi pongo sempre loro questa domanda.
La tua è una sorta di battaglia. Vuoi sconfiggere i pregiudizi, giusto?
Giusto.
Pensi di riuscire a vincere la battaglia?
Sì.
Lo penso anch’io Ori.
Grazie.
Pensi che in Israele le persone siano abbastanza pronte ad ascoltare?
Si può sempre fare meglio, ma credo che la situazione sia abbastanza positiva.
Cosa possiamo ancora fare per migliorarci?
Bisognerebbe assumere più persone autistiche. Bisognerebbe arruolare più ragazzi autistici nell’esercito. Bisognerebbe vedere più autistici nel mondo dello sport. Nel calcio, nel tennis, nella pallacanestro. La verità è che le persone temono ancora gli autistici, non li capiscono fino in fondo, non hanno pazienza per loro. Non voglio parlare di politica, ma penso che anche lo Stato debba investire di più in noi.
C’è un messaggio che vorresti trasmettere a chi legge queste parole?
Sì, vorrei dire loro che a perderci è solo chi non sa accettare il diverso. Che io sono autistico e che l’autismo non è una parolaccia. E poi vorrei anche dire ai lettori che non devono arrendersi mai. Che con un po’ di forza di volontà si può ottenere tutto. Io ne sono la prova.
Racconti spesso di essere stato respinto, vorrei sentire invece di una reazione o di un messaggio che hai ricevuto e che ti ha emozionato.
L’altro giorno ho ricevuto un messaggio che mi ha commosso. Una ragazza mi ha scritto: “vederti e sentirti mi fa ricordare chi sono veramente”.
Vedi? Sai entrare nel cuore delle persone. Se siamo seduti oggi a fare questa intervista è forse perché sei entrato un po’ anche nel mio di cuore.
Sì, ricevo tanti bei messaggi, ma anch’io ne mando tanti, altrettanto belli. Ogni venerdì mattina per esempio invio un messaggio a decine di amici in cui auguro loro un buon weekend. D’ora in poi lo manderò anche a te Dudi. Tutto ciò che voglio fare è seminare un po’ di amore in giro. Amore gratuito, senza ricevere nulla in cambio.
Parliamo un po’ di Gal Gadot?
Sì.
Si è parlato molto del vostro incontro, cosa vorresti raccontarmi che ancora non si sa?
Credo che il mio incontro con lei sia stato il momento più felice che io abbia vissuto nell’ultimo decennio.
Cosa ha reso quel momento tanto felice?
Ho sognato di incontrarla e intervistarla. Il mio sogno si è realizzato.
Dimentichiamoci per un attimo di Gal Gadot, com’è stato intervistare Wonder Woman?
Vicino a lei mi sono sentito Superman.
Direi che per alcuni bambini sei davvero un supereroe, un modello da seguire. Guarda dove sei arrivato con le tue sole forze.
A volte mi sento così, le persone mi fanno sentire così. Conosci Adi Shpigelman? E’ una giocatrice di tennis e una modella. Ecco, per esempio lei mi ha scritto che sono un eroe. Leggere quella frase mi ha fatto sentire davvero speciale.
E qual è il prossimo grande sogno da realizzare?
Aspetta, ho una mosca sulla gamba e non riesco a concentrarmi. Per rispondere a questa domanda ho bisogno di una grande concentrazione.
Certo, prenditi tutto il tempo che vuoi, non ho fretta.
Ecco, se n’è andata. Il prossimo sogno da realizzare è intervistare Ronaldinho.
E cosa vorresti chiedergli?
Non lo so. Non mi piace preparare le domande prima dell’intervista. Mi piace improvvisare.
Beh, allora sei proprio un professionista Ori.
Grazie Dudi, anche tu.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.