Alla fine lui muore. Alberto Caviglia ha presentato il suo nuovo libro a Più Libri Più Liberi
Dopo il successo del suo primo romanzo Olocaustico, lo scrittore Alberto Caviglia torna nelle librerie con il suo ultimo libro: Alla fine lui muore, edito da Giuntina. Un romanzo dal carattere satirico, in cui l’autore ironizza sulla generazione dei trentenni attraverso il protagonista.
Duccio Contini è uno scrittore di successo. La mattina del suo 30° compleanno si sveglia e si accorge di essere diventato vecchio.
Si può davvero essere vecchi a trent’anni? Dopo la sorpresa iniziale, il non più giovane scrittore si abitua all’idea della vecchiaia e realizza che l’accettazione di questa condizione corrisponde a una liberazione da tutta quell’ansia sociale, da quelle aspettative e smania di autorealizzazione che fino a poco tempo prima lo opprimevano.
Ancora una volta Alberto Caviglia torna a ironizzare l’attualità con uno stile satirico e pungente che diverte, ma allo stesso tempo fa riflettere sulle condizioni e le aspettative dei ragazzi di oggi.
Alla XX Edizione di Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria, alla Nuvola di Fuksas di Roma, lo scrittore ha presentato il suo libro. In un’intervista per Hatikwa l’autore racconta il nuovo romanzo.
Perché hai scelto questo titolo così particolare? In che modo si lega alle tematiche del libro?
È un titolo provocatorio, perché l’idea stessa del libro è una provocazione: cerco di parlare di una questione generazionale attraverso il personaggio di Duccio Contini, che ritengo emblematico: Duccio è uno scrittore che sta affrontando una crisi, ma non tanto creativa, quanto una crisi esistenziale.
Grazie alla vecchiaia precoce, Duccio inizia a vivere una fase bellissima della vita, in cui non è più tenuto a render conto di nulla, perché in un certo senso l’anziano è la persona che non deve più dimostrare niente, perciò Duccio si sente libero di vivere una nuova vita.
Questo titolo se da una parte spoilera, dall’altro nasconde qualcosa di sorprendente, che mette nuovamente in discussione tutte le certezze che Duccio pensa di avere acquisito.
Il tema della Fiera di quest’anno è la Libertà. In che modo la libertà si riflette nei personaggi del tuo romanzo?
È una libertà apparente, perché corrisponde ad una rassegnazione. A una situazione in cui non si può più essere artefici del proprio destino, ma si accetta di lasciarsi trasportare da ciò che accade, senza avere il potere di incidere su quanto ci capita.
Questo ripeto è una provocazione, perciò il libro ha una forte declinazione sul tema della libertà reale e di quella che percepiamo noi.
Se dovessi mettere a confronto i tuoi due romanzi, quanto effettivamente si discosta Alla fine lui muore da Olocaustico?
Sono due opere molto diverse. Quest’ultima è più personale, anche se Duccio non è il mio alter ego, ma è comunque un personaggio per cui ho attinto dal vissuto. In Olocaustico il protagonista nasceva da alcune suggestioni personali, ma il racconto aveva una trama più articolata. Questo invece è un flusso di coscienza, un romanzo più intimo che cerca di raccontare qualcosa che il personaggio principale subisce. Perciò fa ragionare su quanto qualcuno possa essere spettatore o parte attiva del proprio destino.