Al Yahud: genesi di un rapporto difficile
Nonostante le numerose divergenze che ci sono tra due delle più importanti religioni monoteiste del mondo, Ebraismo e Islam, le somiglianze e i punti di contatto sono più di quelli che a prima vista appaiono.
Lo stesso Maometto si presentò come l’ultimo profeta appartenente a una tradizione, comune a quella ebraica e cristiana, che partiva da Abramo. I rapporti con l’elemento ebraico presente nella sua città, La Mecca, furono inizialmente buoni. Nel Corano, nelle prime sure, musulmani, ebrei e cristiani sono considerati “fratelli nella fede”, accomunati dalla dottrina monoteista e dall’attesa di un giudizio finale. Tra gli aspetti pratici della religione musulmana, quello della preghiera in direzione della Mecca è senz’altro il più noto: la direzione originaria di tale pratica era verso Gerusalemme, a imitazione di quanto facevano gli ebrei residenti in Arabia che erano a diretto contatto con i primi musulmani. In ambito alimentare le somiglianze sono moltissime – molto probabilmente mutuate direttamente dalla kasherut: divieto di mangiare particolari categorie di animali, macellazione rituale, divieto di consumare sangue. All’interno del Corano sono inoltre presenti numerosi personaggi con le loro vicende – seppur con qualche differenza – prese in prestito sia dall’Antico sia dal Nuovo Testamento; ad esempio Abramo è una figura centrale, sarebbe stato infatti, nella versione musulmana, il primo ad adorare D. nella Ka’ba.
Questo primo periodo di concordia terminò con la cosiddetta Egira, il trasferimento di Maometto e della comunità musulmana a Medina. Qui risiedevano tre potenti clan ebraici, che rifiutarono di convertirsi all’islam. Di fronte alla loro ostinazione i musulmani intervennero sia sul piano pratico, esiliandoli o condannandoli alla pena capitale, sia su quello ideologico. Nelle sure rivelate dopo il trasferimento a Medina, gli ebrei, non più “fratelli nella fede”, vennero accomunati ai pagani e accusati del gravissimo peccato di aver traviato la parola di D.
Dopo la morte di Maometto i suoi successori, i califfi, dovettero affrontare numerose ribellioni di stampo religioso. A causa di ciò chiunque non fosse di religione musulmana, ebrei inclusi, fu cacciato dalla penisola arabica. La situazione era diversa all’esterno: nei territori conquistati ai bizantini e ai persiani le popolazioni ebraiche appoggiarono gli invasori arabi in quanto vi videro coloro che li avrebbero liberati dalle persecuzioni cui erano sottoposti da secoli. I musulmani, dal canto loro, furono molto tolleranti nei confronti delle cosiddette “genti del Libro” (ebrei, cristiani, zoroastriani) che vennero sottoposti a protezione in cambio di un’imposta.
Nel vastissimo impero musulmano, le società ebraiche, grazie anche all’intensa attività mercantile svolta, costituirono una catena di comunità che si estendeva dall’Iran fino alla Spagna. La collaborazione tra ebrei e musulmani fu di fondamentale importanza anche per la cultura occidentale. Grazie a personalità come Abraham ben Ezra, Abraham bar Hiyya e Pedro Alfonso, opere perdute da secoli furono riscoperte e diffuse in Europa grazie alle traduzioni dall’arabo. Anche in ambito artistico sono numerosi i punti di contatto. Spesso l’iconoclastia musulmana è erroneamente messa in relazione con quella ebraica. In ambito architettonico ci sono somiglianze sia a livello morfologico sia concettuale; nelle moschee, per esempio, è presente una piccola nicchia per indicare la direzione della preghiera: sarebbe stata concepita, secondo alcuni studiosi, ispirandosi all’aron a-qodesh.
Da queste poche righe si può capire come, al di là delle profonde differenze che separano i due modi di vivere e intendere la religione e nonostante i numerosissimi contrasti che per motivi diversi li hanno visti opporsi, soprattutto nell’ultimo secolo, non mancano le similitudini, in alcuni casi veri e propri “prestiti”. Non sono mancati nella storia nemmeno casi di collaborazione tra due modi di vivere che, oggi più che mai, sembrano lontanissimi e inconciliabili.
Fabrizio Anticoli
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.