Adieu Charlie. L’Europe est tombé
HaTikwà (D.Fiorentini) – Della celebre frase “Je suis Charlie”, che aveva tappezzato tutto il mondo e accompagnava messaggi di solidarietà al giornale francese colpito il 7 gennaio di quattro anni fa, ormai non se ne vuol sapere più nulla. Dei milioni di francesi scesi in piazza l’11 gennaio, anche a causa del successivo attentato a un supermercato kasher, ne sono rimasti ben pochi. L’Europa con il suo atteggiamento politicamente corretto e neutralista sta abbandonando quei pochi che osano sfidare apertamente l’estremismo islamico o provano strenuamente a difendere la propria identità nazionale. Non solo Charlie, ma tanti altri giornalisti, scrittori, vignettisti, attori e intellettuali, sono stati subito lasciati soli perché “Non si può uccidere in nome di Dio, questa è una aberrazione, ma bisogna usare la libertà di espressione senza offendere (…). Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri” (Papa Francesco).
In realtà, già nel 2006, quando furono pubblicate le vignette su Maometto uscite l’anno precedente sul giornale olandese Jyllands-Posten, la testata francese rimase sola contro le pesanti proteste del mondo islamico. “Ma c’era soltanto un modo per dimostrare solidarietà a Charlie: se l’indomani, o un giorno di quella fatale settimana, tutti i giornali e le riviste in Europa, la BBC e Channel 4, i siti e gli altri organi d’informazione più̀ importanti, avessero pubblicato simultaneamente una serie di vignette di Charlie Hebdo con Maometto. Questo, come vedremo, non è successo. Anzi, i media si sono persino rifiutati di pubblicare la copertina del “numero dei sopravvissuti” di Charlie Hebdo.” (Giulio Meotti, Hanno ucciso Charlie Hebdo, Lindau, 2015) Anche dopo che la sede fu incendiata nel 2011: Charlie ha continuato a essere Charlie, mentre i grandi media internazionali si sono ritratti nel loro angolo buio e angosciante.
Ma da quando si è deciso che l’Islam non debba “sottomettersi alle critiche, sottomettersi all’ironia, sottomettersi alle leggi della Repubblica”(Zineb El Rhazoui, CNews, 17 Dicembre 2018)? Da quando l’ebraismo e il cristianesimo si possono pubblicamente contestare, mentre se si dice una parola fuori posto su Maometto si è subito accusati di islamofobia e razzismo? Evidentemente la codardia dell’Occidente ha preferito mettere in cima alle priorità la necessità di non provocare l’Islam, anche se ciò significa auto-censurarsi e sopprimere certe voci che rammentano la demenzialità di questa scelta. I benpensanti francesi non vogliono che vengano ricordati i 241 morti a causa del terrorismo islamico. I 17 000 jihaddisti salafiti, impiantati nel loro territorio, disprezzano l’identità francese e vorrebbero imporre la sacra legge del Corano.
A quattro anni da quel fatidico 7 gennaio, si può chiaramente affermare; “Charlie est mort et l’Europe est tombé”. A uccidere Charlie però non sono stati i terroristi islamici, ma noi cittadini europei stessi, che abbiamo preferito dimenticare le difficili verità e illuderci che la libertà di espressione sia aliena da Charlie, che in qualche modo sia naturalmente delimitata a determinati settori e non possa applicarsi altrove. Per questo motivo, chi cercherà di mantenere la propria autonomia di scrittore dovrà confrontarsi sempre di più con la forza opprimente della censura; a cui poco importa di Charlie e che preferisce sostenere chi, come lei, se ne è già dimenticato.
Quindi i giornalisti dovranno scegliere: salvare Charlie e combattere per quel poco che rimane della libertà di espressione o dirgli pietosamente e silenziosamente adieu?
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.